La voltura catastale comporta l’accettazione tacita dell’eredità?

La voltura catastale comporta l’accettazione tacita dell’eredità?

Abbiamo già affrontato il tema dell’accettazione tacita dell’eredità e se la voltura catastale rientri tra gli atti che presuppongono la concreta ed effettiva volontà di accettare l’eredità pur in assenza di una dichiarazione esplicita. Vogliamo però ritornare sull’argomento per analizzare quanto ha recentemente stabilito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 32770/2018, in contrasto con i precedenti orientamenti.

L’accettazione è tacita quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede“. È questo quanto stabilisce l’art. 476 c.c. ed è chiaro che il chiamato all’eredità, affinché vi sia inequivocabilmente accettazione, debba tenere un comportamento che non avrebbe diritto ad assumere se non perché erede.

La Corte di Cassazione, Sezione II Civile, con la sentenza del 17 marzo 2016, n. 5319, aveva affermato (in linea con Corte di Cassazione, n. 10796/2009) che “l’accettazione tacita può essere desunta dal compimento di atti che siano al contempo scali e civili, come la voltura catastale, che rileva non solo dal punto di vista tributario, ma anche da quello civile“.

Se la voltura catastale dei beni appartenenti al de cuius è compiuta da uno solo dei chiamati all’eredità configura o meno accettazione tacita dell’eredità in favore di tutti i chiamati? La questione è stata affrontata di nuovo dalla Corte di Cassazione con un orientamento di segno opposto alla predetta sentenza.

Gli effetti della voltura catastale sulla accettazione tacita di eredità

I giudici di legittimità, con l’ordinanza n. 32770/2018, hanno affermato che gli effetti della voltura catastale, ai fini dell’accettazione tacita dell’eredità, si producono solo in favore del chiamato che provvede al suddetto adempimento. Per gli altri chiamati è, invece, necessario verificare se, nell’effettuare la denuncia di variazione catastale, vi sia stata o meno la spendita del nome, ovvero il denunciante abbia agito quale mandatario o vi sia stata una successiva ratifica del suo operato.

IL CASO

L’ordinanza deriva dal ricorso proposto da due sorelle contro una loro zia. Le prime citavano a comparire dinanzi al tribunale la parente e chiedevano al tribunale di riconoscere la loro qualità di eredi della defunta madre e conseguentemente di condannare la convenuta alla restituzione in loro favore di una somma di denaro, oltre gli interessi, che era stata incassata da quest’ultima quale presunta erede della de cuius. Nello stesso giudizio le attrici chiedevano, inoltre, la divisione di un immobile di cui la madre era comproprietaria con la zia convenuta.

In primo grado, con sentenza non definitiva, la domanda veniva accolta e veniva dichiarata la qualità di eredi delle attrici. La convenuta veniva, invece, condannata alla restituzione della citata somma di denaro.

In sede di appello, tuttavia, la decisione veniva ribaltata. La Corte d’appello chiariva che la dichiarazione di successione e la richiesta di voltura catastale dell’immobile ricompreso pro quota nell’asse ereditario, cui le appellate avevano atteso, in quanto atti da compiere in via obbligatoria, non valevano ad integrare gli estremi dell’atto presupponente necessariamente la volontà di accettare l’eredità come da art. 476 c.c.. Inoltre la condotta complessiva delle chiamate e la volontà di rinunciare all’eredità risultava prevalente rispetto all’efficacia ex art. 476 c.c. di denuncia di successione e voltura catastale.

Avverso la sentenza di secondo grado le ricorrenti proponevano, come anticipato, ricorso per Cassazione, deducendo la violazione o la falsa applicazione degli artt. 476 e 519 c.c., evidenziando che, come affermato dalla giurisprudenza della Corte di legittimità, la voltura catastale, a differenza della denuncia di successione avente unicamente valenza fiscale, ha senza dubbio valenza civilistica e quindi costituisce atto di accettazione tacita dell’eredità.

LA DECISIONE

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato e per questo è stato respinto.

Ha precisato che l’indagine relativa alla esistenza o meno di un comportamento qualificabile come accettazione tacita, risolvendosi in un accertamento di fatto, deve essere condotta dal giudice di merito caso per caso e non può essere affrontata in sede di legittimità, a patto che la relativa motivazione risulti immune da vizi logici o da errori di diritto.

La Suprema Corte, come affermato più volte dalla stessa Corte di legittimità, ha osservato che la voltura catastale non integra incondizionatamente gli estremi di un’accettazione tacita dell’eredità efficace ad ampio spettro soggettivo. Infatti, la Corte di Cassazione, ordinanza del 6 aprile 2017, n. 8980 già in passato aveva puntualizzato che “l’accettazione tacita di eredità – pur potendo avvenire attraverso “negotiorum gestio”, cui segua la successiva ratifica del chiamato, o per mezzo del conferimento di una delega o dello svolgimento di attività procuratoria – può tuttavia desumersi soltanto da un comportamento del successibile e non di altri, sicché non ricorre ove solo l’altro chiamato all’eredità, in assenza di elementi dai quali desumere il conferimento di una delega o la successiva ratifica del suo operato, abbia fatto richiesta di voltura catastale di un immobile del “de cuius””. Inoltre, la denuncia di successione ed il pagamento della relativa imposta non comportano accettazione tacita dell’eredità (Corte di Cassazione, 28.2.2007, n. 4783).

FONTE: CASSAZIONE CIVILE SEZ. VI – 2 ORDINANZA N. 32770 DEL 19/12/2018
 

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