Fallimento aziendale: è possibile anche se pende la causa in Cassazione?
È possibile dichiarare il fallimento di una società anche se nei suoi confronti pende ancora la decisione della Cassazione riguardante il credito sulla base del quale è stato richiesto il fallimento stesso?
Fallimento aziendale e decisione della Cassazione sul credito
Con una recente sentenza (ordinanza 3 dicembre 2015 – 8 gennaio 2016, n. 163), la Corte di Cassazione ha stabilito che l’istanza di fallimento è consentita nonostante la decisione sull’esistenza del credito sia ancora pendente, in quanto impugnata dalla Cassazione.
In sostanza, quindi, si può dichiarare il fallimento aziendale di una società che se pende, nei suoi confronti, la decisione della Cassazione sull’esistenza del credito nei confronti della società che fa istanza di fallimento.
Secondo quanto stabilito dalla legge, infatti, il fallimento aziendale può essere dichiarato su ricorso del debitore, di uno o più creditori o su richiesta del pubblico ministero, e non più d’Ufficio dal Tribunale. Il Tribunale del luogo dove l’azienda ha sede ha la competenza per decidere sul ricorso per la dichiarazione di fallimento.
Dall’udienza prefallimentare all’accertamento del credito in sede giudiziale
Successivamente alla presentazione del ricorso, il Tribunale fissa l’udienza prefallimentare per l’accertamento dei presupposti. Ricorso e decreto devono essere notificati, a cura della cancelleria, all’indirizzo di posta elettronica certificata del debitore risultante dal registro delle imprese ovvero dall’Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti. Se tale notifica non dà esito positivo, spetta al creditore procedere alla notifica “tradizionale” (ossia con l’ufficiale giudiziario).
Il decreto con la fissazione dell’udienza per la dichiarazione di fallimento dà al debitore un termine non inferiore a sette giorni prima dell’udienza per la presentazione di memorie e il deposito di documenti e relazioni tecniche. In ogni caso, il Tribunale dispone che l’imprenditore depositi:
- i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi
- una situazione patrimoniale, economica e finanziaria aggiornata.
Secondo i giudici, per valutare la legittimazione a proporre l’istanza di fallimento è necessaria la probabile esistenza del credito vantato dall’istante, il che è sufficientemente garantito da una sentenza di primo grado, anche se su di essa vi sia appello o ricorso per cassazione. Quindi, non viene richiesto un definitivo accertamento del credito in sede giudiziale. Il motivo? È sufficiente un accertamento incidentale da parte del giudice, all’esclusivo scopo di verificare la legittimazione dell’istante.
In tal senso l’accertamento incidentale fatto dal giudice nella presente controversia non si presta a censure: con le censure prospettate la SRL ricorrente chiede alla Cassazione di effettuare in sostanza un accertamento del credito e, dunque, una valutazione di merito inammissibile in sede di legittimità.
Documenti utili: visura procedure fallimentari e concorsuali online
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Obiettivo principale di ogni procedura è la limitazione dell’autonomia di azione per l’imprenditore in crisi attraverso la sottrazione al suo controllo, in via cautelativa verso i creditori, di beni (mobili o immobili) o addirittura dell’impresa stessa o attraverso la nomina di un organo di controllo sullo svolgimento dell’attività commerciale. Tra le Procedure indichiamo, a titolo esemplificativo:
- il fallimento, diciplinato in base al Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 (c.d. legge fallimentare, in breve “l.fall.”), modificato di recente dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5.
- il concordato preventivo (titolo III Legge Fallimentare),
- l’amministrazione controllata (titolo IV L.F.)
- la liquidazione coatta amministrativa (titolo V L.F.).
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