Cosa succede se un erede si rifiuta di fare la successione?

Cosa succede se un erede si rifiuta di fare la successione?

L’istituto della successione consente ad altri soggetti di subentrare nella proprietà di un patrimonio dopo il decesso del titolare. La successione però non comporta soltanto degli onori, ma anche degli oneri e potrebbe capitare un erede non accetti di procedere a questo passaggio. Ma cosa fare allora se un erede si rifiuta di fare la successione? Trovi la risposta in questo articolo.

INDICE:

  1. I motivi per cui un erede potrebbe non voler firmare la successione
  2. Eredi in disaccordo: è possibile rifiutare la successione?
  3. Eredi non si mettono d’accordo: tre possibili casistiche
  4. Gli effetti della rinuncia
  5. Entro quanto deve essere presentata la rinuncia?

I motivi per cui un erede potrebbe non voler firmare la successione

Come anticipato in apertura, la successione può comportare anche degli oneri di cui farsi carico. Non è raro, infatti, che gli eredi ricevano non solo beni, ma anche debiti da estinguere. Un altro aspetto da considerare riguarda la questione dei redditi: quando si eredita una parte di un immobile, bisogna valutare se questo passaggio possa influire sulla propria situazione reddituale. In caso si fosse già proprietari di un altro immobile, si potrebbe essere soggetti ad un’ulteriore tassazione.

In entrambe le situazioni è possibile rifiutare l’eredità mediante la rinuncia. Tale rinuncia può essere effettuata quando i debiti superano i crediti, attraverso una dichiarazione formale da presentare al notaio o al cancelliere del Tribunale.

Eredi in disaccordo: è possibile rifiutare la successione?

Quando tra gli eredi sorgono disaccordi sulla successione, è importante sapere che è possibile rinunciare all’eredità. Ogni erede ha il diritto di rifiutare la propria quota, declinando così qualsiasi responsabilità legata ai beni e ai debiti del defunto. La rinuncia deve essere formalizzata con una dichiarazione presso un notaio o il cancelliere del tribunale competente, entro il termine previsto dalla legge. Questa scelta può risultare utile in situazioni in cui i debiti superano i beni o quando si desidera evitare complicazioni legate alla gestione dell’eredità.

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Eredi non si mettono d’accordo: tre possibili casistiche

Riportiamo nei paragrafi successivo tre casi diversi di situazioni nelle quali gli eredi potrebbero essere in disaccordo.

Art. 791 bis c.p.c.

Si ricorre all’art 791 bis c.p.c quando i coeredi sono concordi sulle quote dell’eredità ma discordano sul valore. Questo meccanismo evita un lungo processo ordinario, solitamente della durata di almeno tre anni, sostituendolo con un’opzione più rapida. Si richiede al giudice di nominare un consulente per valutare il valore dei beni e redigere un progetto di divisione ereditaria. Il consulente incaricato deve stimare il valore complessivo dei beni e individuare le quote ereditarie di ciascun erede, presentando quindi una proposta di divisione. Se nessun erede contesta la proposta, il giudice può procedere con la divisione ereditaria.

Questo processo ha un contributo unificato notevolmente inferiore rispetto al procedimento ordinario, poiché rientra nella categoria della “volontaria giurisdizione”. Tuttavia, per avviare questa procedura, è fondamentale che tutte le parti coinvolte siano concordi e firmino il ricorso congiuntamente.

La mediazione obbligatoria

La mediazione legale offre una soluzione quando le parti trovano un accordo, che ha efficacia di titolo esecutivo; in caso contrario, l’ente di mediazione documenta le ragioni del rifiuto, soggette a valutazione del giudice. Se gli eredi litigano su più aspetti ereditari, possono avviare una mediazione o negoziazione assistita dai propri avvocati per trovare un accordo soddisfacente, che tiene conto anche del valore affettivo dei beni. Gli accordi mediati vengono autenticati da un notaio e trascritti nei registri immobiliari.

Quindi, dopo aver sottoscritto l’accordo di mediazione bisogna confrontarsi con un notaio. Per tutto il tempo in cui dura la comunione, se un coerede utilizza in modo esclusivo un bene, gli altri coeredi hanno diritto a ricevere una indennità per mancato godimento del bene e gli eventuali frutti del bene, sulla base delle proprie quote.

La divisione giudiziale

Quando gli eredi non trovano accordo sulla divisione dell’eredità, ciascuno può ricorrere al tribunale del luogo in cui è stata aperta la successione per ottenere una divisione giudiziale, citando tutti gli eredi coinvolti. Questa azione non ha limiti di tempo ma richiede un tentativo di mediazione obbligatoria, pena l’improcedibilità della richiesta. Se avviato senza mediazione, il giudice sospenderà il procedimento per tre mesi per permettere una conciliazione.

La parte che vuole promuovere il giudizio deve invitare gli altri eredi a conciliare stragiudizialmente la loro controversia mediante domanda di mediazione ad un organismo di mediazione riconosciuto dal Ministero della Giustizia del luogo di successione, in modo tale che l’ente predisponga un accordo transattivo. La parte istante, invece, deve inviare agli altri l’invito contenente la proposta di mediazione, specificando che il rifiuto immotivato a presentarsi potrà in seguito essere valutato dal giudice ai fini della decisione.

Gli effetti della rinuncia

Secondo l’articolo 521 del codice civile, chi rinuncia all’eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato. Questa rinuncia ha l’effetto principale di far perdere al rinunciante lo status di erede fin dall’inizio, operando retroattivamente. Di conseguenza, il rinunciante perde subito la facoltà di esercitare i poteri propri dell’erede, come specificato negli articoli 460 e 486 del codice civile, tra cui: compiere azioni possessorie, amministrare temporaneamente l’eredità e rappresentarla in giudizio. Tuttavia, le azioni esercitate prima della rinuncia mantengono la loro validità.

Inoltre, la rinuncia non influisce sulle donazioni e i legati. Ai sensi dell’articolo 521, il rinunciante può mantenere ciò che gli è stato attribuito a titolo di donazione o legato, fino alla concorrenza della porzione disponibile, salvo se è un legittimario. In tal caso, infatti, si applicherebbe gli articoli 551 e 552 del codice civile che regolano il legato.

Entro quanto deve essere presentata la rinuncia?

La rinuncia all’eredità deve avvenire entro 10 anni dall’apertura della successione, come previsto dall’articolo 480 del codice civile. Questo termine può essere diverso solo se la delazione non coincide con l’apertura della successione, in tal caso decorre dalla delazione. Inoltre, non è possibile rinunciare all’eredità nei seguenti casi:

  • quando il chiamato all’eredità è nel possesso dei beni ereditari e non ha eseguito l’inventario entro 3 mesi dall’apertura della successione. In questo caso, infatti, il chiamato assume la qualità di erede puro e semplice;
  • in base al terzo comma dell’articolo 485 del codice civile, quando il chiamato all’eredità nel possesso dei beni ereditari non dichiara di rinunciare all’eredità entro 40 giorni dall’esecuzione dell’inventario. Anche in questo caso la legge lo considera erede puro e semplice;
  • se, secondo quanto disciplinato dall’articolo 527 del codice civile, il chiamato all’eredità ha sottratto oppure nascosto dei beni spettanti all’eredità stessa. La rinuncia fatta ugualmente non avrà alcun effetto, in quanto per la legge il chiamato sarà erede puro e semplice.

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Legal Service Specialist – Ho acquisito una formazione tecnica in architettura di interni e nell’architettura del paesaggio. Da venti anni svolgo la professione di visurista per ispezioni ipotecarie e catastali presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari ed il Catasto per conto di studi notarili, enti di riscossione e istituti di credito. In VisureItalia® ricopro il ruolo di Legal Services Specialist e coordino le attività del team di visuristi operativi in tutti gli Uffici di Pubblicità Immobiliare in Italia. Su SmartFocus condivido le mie conoscenze per facilitare l’accesso alle banche dati pubbliche e ai Pubblici Registri in particolare.

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